domenica 19 novembre 2006

Fama e denaro



Nei post precedenti ho messo a confronto i diversi modi in cui francesi ed italiani si pongono di fronte al cibo ed alla ristorazione.

Chi fa della cucina professionale si mette di fronte al dilemma: soddisfazione morale od economica? In parole semplici: meglio essere su una guida gastronomica o badare al cassetto?

I francesi l'hanno risolto adottando una via mediana: attenti alle lodi, ma attentissimi alla cassa. Lo chef del Ritz, alla nostra domanda sulla loro reazione di fronte al fatto di aver perso una stella Michelin, ci ha risposto che della stella non importa loro niente, l'importante è che tornino i conti a fine mese.
Ma per far quadrare i conti hanno capito che occorre la qualità, quindi fragoline e foglie di menta fresche, anche a novembre avanzato, beaujolais per ubriacarsi a notte fonda nei bistrot, ma ottime etichette per le cene in ristorante.
Ed innovazione, ricerca del bello anche nel piatto, senza barocchismi ma con soluzioni che mi fanno inca...volare da quanto sono semplici e calligrafiche. Più di una volta mi sono detto: ma perchè non ci hai pensato anche tu? E' l'uovo di colombo.

Noi italiani, dopo aver raccolto gli applausi di mezzo mondo per la nostra bravura, ci stiamo un po' crogiolando sulle medaglie morali raccolte e siamo fermi lì, dimenticando quel famoso proverbio della gazzella e del leone. Proprio stamani su un giornale di categoria leggevo la ricetta di uno chef, peraltro mio caro amico, che presentava (ancora!) la coppetta di formaggio grana. E basta!
E' anche vero che ci sono ristoranti che non sono ancora arrivati alla coppetta di grana, ma siamo già verso la fine del primo decennio del nuovo secolo.

Noi italiani, tra fama ed euro, abbiamo scelto la via peggiore, abbassando la qualità del prodotto, cercando di guadagnare il più possibile la prima volta; se il cliente, poi, non torna più va bene lo stesso, perchè rimangono al mondo altri sei miliardi di clienti potenziali. Così, globalizzandosi la mediocrità della cucina italiana, il cliente si è adattato, felice di spendere poco, incurante di scivolare lungo un pendio che porta inesorabilmente verso il peggio.
Ho ancora davanti agli occhi le immagini di grandi chef, costretti da giornalisti di bassa caratura a difendersi sull'aumento dei prezzi dei propri piatti.

Io continuo a ribadire che la qualità si paga. Se scelgo un volo low-cost della Ryanair non posso lamentarmi che non mi servono lo champagne gratis; se è questo che cerco, devo rivolgermi all'Air France e pagare centinaia di euro per neppure due ore di volo.
Tutto qui il discorso. Nessuno regala niente, e se trovo un ristorante low-cost, sotto sotto qualcosa c'è.

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