mercoledì 29 novembre 2006

Il dramma italiano


"Per me la cucina francese resta sempre la numero uno": lo afferma Sergio Mei, executive al Four Season di Milano ed uno dei nostri chef più preparati nella conoscenza e nell'uso delle erbe in cucina.
"In Francia - continua Mei - c'è molto da imparare: tecniche, rigore, puntualità, una mentalità dove lo chef è lo chef e non si discute".
"Come diceva Alain Ducasse - afferma da parte sua Allan Bay - di grande cucina ce n'è in tutto il mondo, ma in Francia ce n'è di più. Certo, parliamo di alta cucina, il che presuppone una brigata di almeno 10 cuochi e un servizio di alto livello. Questo concetto richiede la presenza di un pubblico, e anche di questo ce n'è di più. E' il pubblico a fare l'alta cucina, il dramma italiano è proprio questo".

Alla vigilia di tornare a spadellare queste parole mi hanno fatto riflettere e (forse) giustificano la mia poca voglia di tornare al lavoro.
Chiariamo che nella mia cucina non siamo in dieci cuochi e che, quindi, secondo l'analisi di Bay in ogni caso non posso fare alta cucina. Oltretutto da sempre sostengo che l'alta cucina è come l'alta moda e, conoscendo i miei limiti, non posso nemmeno lontanamente pensare di fare alta cucina, ma solo di imparare da essa. Ma è altresì vero che è il pubblico a determinare il proprio posizionamento nella scala del successo, e non le guide.
Pensiamo ad un artista passato alla storia dell'arte, che ne so, Giotto o Van Gogh: se non avessero un pubblico che ammira le loro opere, nessuno saprebbe chi sono e che cosa hanno fatto per essere così grandi.
Indubbiamente un artista crea prima di tutto per sè (lo dice uno che fa foto di ritratti e di nudo, foto che non escono mai dai raccoglitori), ma la gratificazione del pubblico è il coronamento della propria opera, soprattutto se il successo è determinato da un concetto quantitativamente economico.
Al mio ritorno dalla capitale francese mi ha telefonato Marco, un caro amico albergatore, per chiedermi un consiglio. Un discorso tira l'alto, e così sono finito a parlare dei ristoranti francesi dove è abbastanza normale pagare quaranta euro per una buona cena; al che Marco mi ha confessato di essere anche lui reduce da un viaggio all'estero (Europa dell'Est), dove ha venduto il suo albergo a trentotto euro al giorno.
Questo dovrebbe essere il mio pubblico per l'inverno 2006-2007.

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