lunedì 25 settembre 2006

OGM, ma non solo (segue)

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Ricordo una discussione furibonda con Robertino, un collega di Brescia che non vedo l'ora di riabbracciare, sulla cucina molecolare. Di ritorno da un corso, siamo entrati nella discussione se sia o meno valida la cucina molecolare.
Spieghiamo subito - per i non addetti ai lavori - che la cucina molecolare è la possibilità di usare la fisica e la chimica per un nuovo modo di cucinare (non di modificare geneticamente il cibo).
E facciamo un esempio.
Per surgelare usiamo l'abbattitore di temperatura: un alimento cotto al forno (180°) posso portarlo a -18° al cuore nel giro di breve tempo grazie a questo strumento tecnologico. Non cambio nulla nella struttura dell'alimento, ma sfrutto le leggi fisiche sulla termodinamica per ottenere uno scopo ottimale.
Ora la scienza mi dice che con l'azoto liquido posso congelare in un attimo (supersurgelare?) qualsiasi corpo. Applicazione in cucina (molecolare): prendo una pallina di cioccolato, la immergo nell'azoto liquido ed ottengo un prodotto che in bocca sa ancora di cioccolato, ma dà delle sensazioni diverse.
Cosa c'è di così scandalosamente diverso dall'usare un cutter, un frullatore ad immersione, un Pacojet?
La tecnologia ogni giorno mette a disposizione del cuoco nuovi strumenti. Pensiamo solo al computer e all'aiuto che ci dà. Perchè rifiutarli se mi alleggeriscono il lavoro o mi danno la possibilità di ottenere qualcosa di migliore o solo di di diverso?
Essere cuoco oggi è ben altra cosa dai tempi dei Fenici.
In un post precedente dicevo che il cibo è comunicazione, mi dice tutto su un popolo, un tempo. La cucina molecolare parla del nostro tempo, di come - conoscendo più a fondo il perchè avvengono certi fenomeni in base alle leggi fisiche e chimiche - l'uomo trasforma la materia prima in cibo, sicuramente diverso (nel procedimento) da quello anche di soli trent'anni fa.
Se gli scienziati sono riusciti a spiegare perchè un soufflé si gonfia, e che non è necessario usare il forno per fare un soufflé, posso allora giovarmi di questa scoperta e fare sempre il soufflé in maniera divina con un'altra procedura o con altri mezzi, sempre che questo convenga alla qualità e al tempo impiegato. Massimo rendimento col minimo sforzo: legge fisica che applichiamo da tempo per organizzare il nostro lavoro.
C'è poi chi porta queste scoperte ai limiti (attuali) del possibile, ma di Ferran Adrià ce n'è uno solo. E mi risulta che uno solo dei critici gastronomici ha avuto da ridire sul genio spagnolo.
Io, come tantissimi altri, ricordo ancora quel frustino a manovella che usavamo per montare gli albumi d'uovo; non esisteva donna che non ne avesse uno nel cassetto. Nessuna massaia si sognava di usare il classico frustino. Quella era la tecnologia degli anni Sessanta e la si sfruttava a piene mani.
Il salto di qualità è arrivato non grazie alla meccanica o all'elettrotecnica, ma all'applicazione delle leggi fisico-chimiche alla cucina.
Dire di no a priori mi sembra perlomeno riduttivo.

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