mercoledì 17 gennaio 2007

Cese e cicheti


Adesso va molto di moda la Spagna.
Zapatero ha appena detto che il sessantapercento dei nuovi posti di lavoro in Europa li hanno creati loro, Ferran Adrià è il mito dei miti per i cuochi di tutto il mondo, eccetera.
Chi è stato in Spagna non fa che decantare il rito notturno del peregrinare per bar a mangiare e a bere, qualcosa qua, qualcosa là, il tutto annaffiato senza moderazione.
Bene, vogliamo dirlo che in questo gli spagnoli non hanno scoperto nulla?
Lo street food, come fa più scic chiamarlo oggi, si praticava già nel Settecento a Venezia. Da dove pensate venga il termine ombra, che indica ancor oggi il bicchiere di vino bevuto fuori pasto, per inumidire la gola, per stare in compagnia o per far semplicemente una balla? All'ombra del campanile di san Marco c'era chi vendeva il vino a bicchieri, da qui il termine, mentre un po' più in là si poteva ammazzare l'appetito con qualche cicheto, uno stuzzichino, spesso di pesce.
E non sono passati molti anni da quando a Mestre, protesi terrafermicola di Venezia, in piazza Ferretto si poteva mangiare a qualsiasi ora del giorno un folpeto, un piccolo polipo estratto caldo da un padellone che bolliva in continuazione.
Tornando al peregrinare per stuzzichini e bicchieri, a Venezia c'è l'espressione Andar per cese o cesete (andar per chiese o chiesette), per luoghi "sacri" al mangiare e bere fuori pasto.
Anche questo è un rito, tutto nostrano e secolare.
Prima dell'avvento dei tramezzini, fatti con amore dal barista (superbi quelli al tonno e funghi, o ai gamberetti ed insalata russa) e poi importati per comodità dall'industria, lo street food veneziano rappresentava tutto il ventaglio della tradizione.
Classici i vovi duri, le uova sode, non sgusciati e messi su un piatto sul bancone. Non era necessario chiedere il permesso: se ne prendeva uno (o anche più, se andava), si sgusciava sul posacenere o su un apposito piattino che il barista porgeva prontamente, si insaporiva con il salino sempre a disposizione, e si sbocconcellava con voluttà, aiutandosi nella digestione con un'ombra de bianco. Una liturgia, che appagava corpo e mente, prima di sedersi al desco familiare.
I più sfiziosi bacari - altro termine veneziano che indica l'osteria da vino, in genere solo mescita di vino e non di ottima qualità - offrivano le specialità di mare, ovviamente fresche di giornata, acquistate la mattina al mercato di Rialto o direttamente dai pescatori al Tronchetto: polipetti lessi, granchi fritti, sepoine (seppioline), sardele in saor, bisato (anguilla), ed altre amenità sott'olio o al naturale.
Il massimo della libidine era la pasta e fasioi (pasta e fagioli) fredda, compatta, con i subioti (ditali) o spaghetti spezzati, ancora al dente. L'Haccp era ancora nel mondo dei sogni, e non mi risulta che nessuno si sia mai intossicato con un piatto di meravigliosa pasta e fasioi, messo lì in bellamostra sul bancone del bar. Una minestra uguale oggi la potete trovare solo da me.
Se avete ascoltato il mio consiglio e siete a Venezia, non perdetevi a cercare il ristorante blasonato (non me ne vogliano i serenissimi colleghi), ma provate l'esperienza di andar per bacari: scoprirete sapori autentici di una Venezia autentica. Ma, ancora una volta, attenti alle imitazioni.

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4 Comments:

Blogger Pepenero dice che...

interessante, non sapevo proprio nulla di queste risalenti abitudini nostrane...

18 gennaio, 2007 10:10  
Anonymous Anonimo dice che...

m'hai fatto tornare in mente una delle piú belle che domande che ci si faceva ai tempi: "fioi, 'ndemo a bacari?" :)

18 gennaio, 2007 11:12  
Anonymous Anonimo dice che...

in Francia le uova sode sul bancone del bar ci sono ancora...

(in mezzo ad una monnezza degna del medioevo, sì)

18 gennaio, 2007 14:13  
Blogger ruben dice che...

Iessss!!! Un bicchierino col cichettin a Venezia nei posti rigorosamente non turistici è un must, e lo squallore del posto è inversamente proporzionale alla qualità del cibo. E sicuramente i Cugini della Mancha non hanno scoperto l'America! Ma la varietà della tapas e la loro ricercatezza supera ogni confine umanamente immaginabile... Vuoi mettere la lista delle innumerevoli versioni dei gamberi (a cui personalmente metto in testa i pil-pil), le mejillones tigre - la cozza più farcita del mondo, gli ovetti di quaglia oll'occhio di bue su una microtartina, la porra antequerana con i chupitos croccanti, una fetta di pata negra sul pane caldo con un filo d'olio d'oliva e annaffiato da buon rioja...
A tavola c'è sempre e indiscutibilmente l'Italia, ma quando si tratta di stuzzichini, il mio cuore batte bandiera giallorossa!

(anche io ho fatto incursione nel tuo blog...un mare di interessanti curiosità!)

30 gennaio, 2007 12:02  

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