lunedì 15 gennaio 2007

Il buco (dell'ozono) nel menu


Viene perfino la noia a sentir parlare di ambiente, buco dell'ozono, desertificazione e palle del genere. Oggi Bertolaso ha lanciato l'allarme anche per l'Emilia Romagna: entro settant'anni sarà il deserto. Dalle mie parti, penso, sostituiranno le mele con le coltivazioni di mandorlo, le famose Mandorlinda.
Perfino il ministrone dell'economia, Padoa Schioppa, ha istituito una commissione per studiare gli effetti e per prendere delle contromisure alle devastazioni di questo maledetto caldo che scioglie le nevi. La Coldiretti, da parte sua, avverte che già sulle coltivazioni si sentono gli effetti di questo cambiamento, cavallette comprese.
Ma a noi, in cucina, ed ai nostri clienti in sala interessa qualcosa, al di là della normale preoccupazione generale?
Personalmente non sono preoccupato, ma allarmato. Intanto, niente neve, niente turismo, niente lavoro. Poi penso alla prossima estate. Se è vero, come è vero, quello che diceva il famoso colonnello Bernacca, che il tempo è sempre in pareggio, prepariamoci ad un'estate da diluvio universale. Quindi, niente sole, niente turismo, niente lavoro.
Ma c'è qualcos'altro che mi allarma, e che colpirà anche i clienti: i prodotti della terra. Se non piove, o nevica, scatterà l'allarme siccità e, per farla breve, prepariamoci a prezzi di ortofrutta alle stelle. Li pagheremo prima noi, in cucina, e quindi i clienti in ricevuta fiscale.
Ma c'è poi un'altra considerazione da fare, non meno importante.
Da decenni i nostri menu si sono alleggeriti, grazie ai diversi stili di vita, al miglioramento delle condizioni di noi tutti, al riscaldamento delle nostre case e dei nostri posti di lavoro e di studio, al miglior riparo dell'abbigliamento invernale. Lardo, grassi, margarine e burri hanno ceduto il passo all'olio extravergine d'oliva, non tanto per moda salutistica, quanto proprio al fatto che non abbiamo più bisogno di megacalorie.
Ora, la desertificazione, l'innalzamento delle temperature influirà ancor più sul nostro cibo, sui nostri menu. Ok, possiamo anticipare le stagionalità grazie alla precocità delle colture: asparagi a febbraio e non più a Pasqua, ciliege ad aprile anzichè ad agosto, angurie a maggio, castagne ad agosto. Si può obiettare che, volendo, questo avviene già: io stesso postavo da Parigi come in Rue Cler a novembre c'erano le fragole e gli asparagi freschi, non certo però di produzione autoctona.
Ok, ma se un cuoco, come me che dei prodotti nostrani ne fa una bandiera, vorrà seguire le stagionalità, dovrà rivedere tutto il proprio menu. Scompariranno alcune specialità, o dovremo reinventarci le ricette, potrebbe anche essere eccitante: stinco di maialino da latte scaloppato freddo con sorbetto di melone e pesca caramellata, oppure insalata di gulasch con dadolata di anguria.
Il problema sarà per i brevissimi inverni: fare un menu ad hoc solo per un mese o saltare la stagione a pie' pari? Forse vale la pena pensarci già.

Etichette:

2 Comments:

Blogger Loste dice che...

Caro Chef, oggettivamente, non so cosa pensare di questa stagione incredibile. Capisco la tua preoccupazione, di chi con il clima ci "vive". Solo due anni fa qui (43.26.03N 12.51.16E) ci fu il "nevone" del secolo, e oggi non vediamo piovere da un mese o giù di lì. Credo che sarà la terra stessa a correre ai ripari, "sputandoci" tutti come fastidiosi pezzetti di cibo rimasti tra i denti.

16 gennaio, 2007 11:18  
Blogger Erik, il Vikingo dice che...

Speriamo che prima dello sputo universale si riesca a trovare un po' sale nella zucca e metterci una toppa.

16 gennaio, 2007 17:28  

Posta un commento

<< Home