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Il cotechino - apprendo dal sito a cui rimando e da cui ho tratto queste notizie - è un insaccato di budello di maiale il cui interno è costituito da un impasto di carne magra di suino, lardo, cotenna, spezie ed erbe aromatiche.
E' insieme alle lenticchie un tipico piatto beneaugurale.
Il cotechino molto più antico dello zampone,è nato come insaccato povero: veniva consumato abitualmente col minestrone e con la zuppa di legumi.
Il cotechino lo facevano, ovviamente a mano, i “lardaroli e salsicciari” modenesi, gli ex “beccai”, che si riunirono in corporazione autonoma solo a partire dal 1547. Ma è di circa duecento anni dopo, del 1745 (curiosamente, una “data anagrammatica” rispetto alla precedente) la prima citazione ufficiale del cotechino: in un “calmiere” ne viene indicato il prezzo, e la prima ricetta compare l’anno successivo. Praticamente l’altro ieri, se si pensa che la prima raffigurazione di un salame è stata trovata a Tebe nella tomba di Ramsete II, e risale al 1166 a.C.
Fin qui la storia, in estremissima sintesi.
Per la cronaca, invece, pare che il cotechino non sia mai stato così popolare come quest'anno, almeno guardando l'affollamento sulle tavole degli italiani e sui vari blog culinari.
Porta fortuna, dicono, mangiarlo a Capodanno e quindi, vai con i cotechini, quelli fimati per l'alta cucina, quelli della Coop per le mense familiari più modeste. L'importante è mangiarlo a Capodanno.
Ma, per caso, non è un modo di dire della serie: se lo fai a Capodanno lo fai tutto l'anno? Pensiamoci bene.
Già la forma (del cotechino) ricorda qualcos'altro in effetto Viagra. Bello, grosso, grasso, turgido, con la sua pellicina attorno che va accuratamente incisa-circoncisa prima di mangiarlo. Qualcuno obietterà che per forza di cose ha lo forma che ha, visto che si usa il budello. Ma si sarebbe potuto usare un altro budello o un altro contenitore. Per me è stato fatto apposta, come per il culatello che, sì viene fatto con la carne della culatta, ma viene anche confezionato nella stessa forma naticale. Nomen omen.
Si taglia (il cotechino) a fette grosse o sottili, a seconda della preferenza, un rito liturgico che mi fa venire i brividi e mi impone di difendermi come fanno i calciatori in barriera. Per il sesso femminile, immagino, il rito deve avere un che di diabolico, alla Bobbit, una forma di rivalsa genetica.
Sta di fatto che il cotechino, una volta introdotto nell'orifizio orale con lussuria, viene delicatamente masticato prima a destra, poi a sinistra (o viceversa), poi impastato nella stessa cavità orale con l'uso prolungato della lingua. Solo quando (il cotechino) sarà stato lavorato ed avrà raggiunto la consistenza desiderata, verrà deglutito. In bocca rimarrà un gusto intenso, pastoso, anche grasso che solo un sorso di vino corposo riuscirà a sciogliere completamente.
Secondo gli esperti (il cotechino) stimola e rilassa allo stesso tempo, riconcilia con la vita, fa bene alla giovialità (non a caso l'hanno inventato gli emiliani che, si sa, sono dei gran goduriosi).
Se ne consiglia l'uso in coppia, per i più sfrenati anche in gruppo.
Etichette: Ostriche e peperoncino
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