giovedì 8 febbraio 2007

Buone nuove


Martedì 6 febbraio 2007 (ANSA). Due formidabili notizie che provengono dal mondo scientifico ed interessano le nostre tavole:
1. la celiachia si può combattere (*)
2. nel futuro niente più obesi (**).

Per chi si interessa di cibo, anche in forma non professionale, sono due notizie che hanno del sensazionale e non possono passare inosservate.
Da tempo nel mio menu ho introdotto dei piatti dedicati ai celiaci, grazie ad una proficua collaborazione con alcuni clienti, affetti da questa malattia. La notizia, quindi, mi rallegra non – come penseranno i maligni – perché posso risparmiarmi lo sforzo di studiare dei piatti ad hoc, ma perché anche questi clienti potranno degustare le nostre bontà a trecentosessanta gradi.
La seconda è già più complessa, perché fra gli obesi ci sono soggetti predisposti geneticamente (e per questi è una manna la scoperta del genoma), ma ci sono tanti falsi obesi che si credono obesi e si distruggono giorno dopo giorno con le loro stesse mani.
Mi riferisco agli anoressici.
Ho avuto modo di conoscere un’anoressica nel mio ristorante. Una bella coppia di sposini in viaggio di nozze, due biologi, colti, simpatici. Una sera a cena hanno degustato i miei piatti, soliti complimenti, quattro chiacchiere in tutta rilassatezza; ad un certo punto lei, finito il suo piatto, si scusa, si alza, va in bagno, ne esce dopo un po’, ed ordina un altro piatto. Così tutta la sera.
Bella, colta, con un bel marito ed un bel lavoro. Cosa le mancava? E pensare che c’è gente che muore perché effettivamente non ha di chi mettere sotto i denti. Purtroppo per gli anoressici il genoma non serve, ma solo una serie di sedute psicanalitiche.


(*) Una molecola, presente nel frumento di grano duro, si e' dimostrata in grado di contrastare gli effetti tossici del glutine nei celiaci. Una ricerca dell'Istituto Superiore di Sanita' condotta dall'equipe di Massimo De Vincenzi mira a modificare il genoma della gliadina, la proteina principale contenuta nel glutine responsabile della malattia, per ottenere un tipo di frumento con le stesse qualita' nutritive dei cereali prodotti in natura, ma privo del potere di scatenare la malattia.

(**) Se si tende ad acquistare chili di troppo con estrema facilità, la colpa è dei nostri geni. Alcuni ricercatori italiani dell'università di Salerno e dell'Ieos-Cnr hanno infatti scoperto l'esistenza di una variante del gene per il CB1, un recettore presente in tutte le cellule del nostro organismo, responsabile della predisposizione ad ingrassare. Un risultato che, come si legge nello studio pubblicato sulla rivista 'International Journal of Obesity', apre nuove possibilità terapeutiche per la cura dell'obesità. La presenza di questo gene del recettore degli endocannabinoidi CB1 può aiutare a prevedere la nostra predisposizione a raggiungere un 'elevato indice di massa corporea', il cosiddetto Bmi. "Gli endocannabinoidi controllano l'appetito mediante meccanismi sia centrali sia periferici - spiegano Maurizio Bifulco, della facoltà di Farmacia dell'ateneo salernitano, Chiara Laezza dell'Istituto di Endocrinologia e Oncologia Sperimentale (Ieos) del Cnr di Napoli e Gabriella Caruso, dell'Irccs 'Saverio de Bellis' di Castellana Grotte - ed è dimostrato che il recettore dei cannabinoidi di tipo 1 (CB1) regola la lipogenesi, sia in colture primarie di cellule adipose, sia in animali obesi". I ricercatori hanno tenuto sotto osservazione per quattordici anni soggetti sani, controllandone periodicamente le abitudini alimentari, l'attività fisica svolta, alcuni parametri clinici e l'aumento del peso. "Si è visto che i soggetti normopeso, rimasti tali durante la ricerca, hanno una forma variante del recettore CB1 - aggiunge Chiara Laezza - cosiddetta 'polimorfica', diversa cioé da quella comune che si ritrova negli obesi o nei soggetti che hanno avuto un elevato Bmi durante lo studio". I soggetti sani "che presentano questa variante polimorfica del recettore CB1 - prosegue la studiosa - hanno anche livelli di glicemia e di trigliceridemia più bassi rispetto ai soggetti più predisposti al sovrappeso e all'obesità. Questa variante del recettore CB1, che non funziona o lo fa in modo diverso, agisce quindi da 'protezione' contro l'obesità". Si tratta dunque di una scoperta che apre nuove possibilità terapeutiche per combattere l'obesità. "E' possibile valutare in un immediato futuro - conclude Bifulco - negli studi di farmaco-genomica, la presenza di quelle varianti genetiche che determinano la risposta del nostro organismo ai farmaci anti-obesità, risparmiandoci gli effetti collaterali che spesso sottovalutiamo".

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