lunedì 12 febbraio 2007

Dottor Jekill & Mr. Hide


“E’ bene distinguere: l’Adrià di El Bulli è quello che sviluppa la sua filosofia di alta cucina. Poi c’è l’altro Adrià, più tradizionale. Che a Natale ha preparato pesce e crostacei per tutta la famiglia”.
Le parole del più grande chef del mondo mi riportano a quelle del più giovane tre stelle Michelin italiano, Massimiliano Alajmo: “Cosa mangio quando vado fuori? La pizza”.
Questi sono i cuochi professionisti. E questa è la differenza col cuoco casalingo.
Il professionista sa usare la scimitarra o il bisturi, sa fotografare con una Polaroid o una digitale, sa fare una radice cubica con carta e penna od usare la calcolatrice; fuor di metafora il cuoco sa comporre un piatto per quanto complesso, ma non disdegna un panino con la mortadella. E’ il potere della professione, è questo che li fa speciali e ne fa una classe a parte dal resto della società.
Per i loro clienti i cuochi sanno fare i fuochi d’artificio, stupirli con le loro invenzioni, ammaliarli con l’arte e la pazienza, inebriarli di colori, profumi e gusti che neppure si sognano, trasformare materia organica grezza in frammenti sublimi, suscitare emozioni, far affiorare ricordi di tempi andati o creare momenti destinati a rimanere impressi nel tempo.
Ma per se stessi i cuochi professionisti sanno essere umili. Sanno catturare il profumo di un cibo preparato per strada, od estasiarsi ad un semplice piatto fatto da un anonimo collega in un’anonima pizzeria, sanno scoprire il sapore intimo di un pezzo di formaggio prodotto in una malga, senza etichetta né battage pubblicitario milionario alle spalle.
Quando il mio amico Piero ha chiuso la pizzeria, sono stato costretto a rivolgermi altrove ed ho scoperto un posto dove un collega, con i prodotti che ha a disposizione in una valle di montagna, riesce a fare degli spaghetti allo scoglio migliori di tanti localini di moda a picco su qualche mare. Lo so, cozze e scampi sono surgelati, ma non ci sputo sopra e li trovo comunque deliziosi.

Il cuoco casalingo è un’altra cosa, e rientrano in questa categoria anche i professionisti, una volta che hanno appeso la giacca bianca nello spogliatoio. Anche se ci si mette tutta la cura e l’impegno possibili, a casa non c’è la tensione delle comande che arrivano come sventagliate di mitraglietta, non ci sono i piatti che si accavallano e bisogna seguirli tutti contemporaneamente, non c’è la tensione del piatto perfetto, senza sbavature, non ci sono i secondi che passano ed i camerieri che alitano sul collo perché il tavolo sta mostrando segni d’impazienza, non c’è soprattutto la necessità del meglio, ricompensata con un buon incasso. A casa possiamo anche riciclare gli avanzi, possiamo passar sopra ad una data di scadenza appena passata, possiamo usare anche il piatto sbeccato o il bicchiere della Nutella.

Dottor Jekill e Mr. Hide, questo siamo noi cuochi.

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4 Comments:

Anonymous Anonimo dice che...

Senti, ma che ne pensi, invece, dei sommelier che fanno gli esperti di cucina?
Potresti farcelo un post sopra, a noi povere casalinghe cuoche disperate!

[è una richiesta seria]

13 febbraio, 2007 10:22  
Blogger pOpale dice che...

Non sono un cuoco e la mia metà non cucina, ieri sera ho fatto un risotto con i funghi (un vero pappone)e mi sono dimenticato anche il sale. E' rassicurante che anche gli artisti dei sapori tornati a casa si arrangino con gli avanzi ma sono sicuro che anche con un piatto sbeccato, riesci a creare un piccola forma d'arte :)

13 febbraio, 2007 11:01  
Blogger perec dice che...

è tutto verissimo. io vado al ristorante e cerco ispirazione per piatti nuovi da fare a casa, ma perché sono malata e sono convinta che a casa si debba mangiare benissimo, come al ristorante. sto attenta alla composizione del piatto, ma non è un capolavoro di food design, è solo una bella cosa da mangiare a casa. un vizio ulteriore sono le apparecchiature e i bicchieri da vino. noi usiamo tutti i giorni i famosi "piatti buoni" e i bicchieri di cristallo. ma solo perché quando sono in giro per lavoro, voglio epnsare con nsotalgia anche al fatto che a casa mia, mangiare, è ugualmente bello.

13 febbraio, 2007 11:52  
Anonymous Anonimo dice che...

x Meringa - Come Adrià, ho una grossa lacuna sul bere perchè nel nostro risto non possiamo permetterci un sommelier. Mi piace molto il vino, ma ho una formazione molto di base. Di sommelier ne conosco uno solo, che è stato mio insegnante, ma ha anche lavorato nel catering, e confesso che ha le carte in regola per parlare anche di food.
Conosco molti apprendisti sommelier e molti apprendisti critici gastronomici: Dio ce ne liberi.

x Popale e Perec - Cucinare (e mangiare) in casa dev'essere un divertimento, un piacere per sè e gli altri. Se è così va bene tutto, altrimenti meglio lasciar perdere.
Questo, però, mi dà lo spunto per un prossimo post. Grazie.

13 febbraio, 2007 16:55  

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